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NZEB mediterranei: quando l’efficienza dialoga con il clima

Negli ultimi anni gli edifici nZEB (nearly Zero Energy Building) sono diventati il simbolo dell’efficienza energetica europea. Ma dietro l’apparente universalità del concetto si nasconde un equivoco tecnico: il modello nasce in Nord Europa, dove l’obiettivo è trattenere il calore in climi freddi. Applicato agli stati del sud Europa, questo paradigma mostra i suoi limiti in buona parte dei territori di questi stati: il problema potrebbe essere (in prospettiva) non tanto scaldare, quanto raffrescare o perlomeno cercare un migliore assetto tra le due esigenze.

Nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo servono edifici capaci di smaltire il calore, non solo di isolarlo. L’efficienza, qui, significa ombra, ventilazione e inerzia termica in periodi lunghi dell’anno più che tenuta all’aria e spessori isolanti.

Lezioni dal passato e nuove strategie

L’architettura tradizionale mediterranea ci offre soluzioni già collaudate: muri spessi, cortili interni, logge e superfici chiare che riflettono la radiazione solare. Oggi questi principi vengono reinterpretati con materiali e tecnologie moderne, come schermature mobili, ventilazione notturna e tetti verdi.

Studi ENEA mostrano che un buon controllo solare può ridurre del 40% i carichi estivi, mentre la ventilazione naturale abbinata a materiali ad alta massa termica può smorzare i picchi di temperatura del 50%. Anche il fotovoltaico trova qui il suo ambiente ideale: in Italia un impianto da 5 kWp può produrre da 5.000 kWh fino a 7 000 kWh l’anno.

Oltre la norma: verso un modello climatico-adattivo

Le direttive europee sull’efficienza energetica riconoscono la diversità dei contesti, ma i metodi di calcolo restano spesso “limitati”, basati su modelli statici che non riflettono il comportamento reale di un edificio mediterraneo. Serve un approccio che valorizzi il comfort adattivo e le strategie passive, misurando non solo il consumo ma anche la qualità ambientale.

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Auto elettriche: da settembre incentivi fino a 20.000 euro.

A partire dal 1° settembre 2025 entra in vigore un nuovo piano di incentivi statali pensato per accelerare la transizione alla mobilità elettrica. Parliamo di contributi fino a 20.000 euro per l’acquisto di auto e veicoli commerciali elettrici, destinati a cittadini e microimprese che rottamano un veicolo a benzina o diesel.

L’obiettivo? Rinnovare il parco circolante, ridurre l’inquinamento nei centri urbani e avvicinare più persone all’uso dell’auto elettrica. Il Governo punta a sostituire almeno 39.000 veicoli inquinanti entro giugno 2026, stanziando quasi 600 milioni di euro anche grazie ai fondi del PNRR.


Quanto vale l’incentivo? Dipende dal tuo reddito o dalla tua impresa

Il contributo varia in base all’ISEE e alla tipologia del richiedente:

  • Privati con ISEE ≤ 30.000 €fino a 11.000 €
  • Privati con ISEE tra 30.000 e 40.000 €fino a 9.000 €
  • Microimpresefino al 30% del prezzo d’acquisto, con un tetto massimo di 20.000 € per veicolo

Attenzione: per ottenere il bonus è obbligatoria la rottamazione di un’auto a benzina o diesel.


Chi può richiederlo e per quali veicoli?

I destinatari principali sono:

  • Cittadini residenti in aree urbane ad alta densità
  • Microimprese, soprattutto quelle che operano nel settore della logistica urbana o dei servizi

I veicoli ammessi all’incentivo rientrano in queste categorie:

  • M1: auto per il trasporto di persone (max 9 posti incluso il conducente)
  • N1: veicoli commerciali elettrici fino a 3,5 tonnellate
  • N2: veicoli elettrici tra 3,5 e 12 tonnellate

Come si richiede il bonus?

Il Ministero metterà a disposizione una piattaforma digitale dedicata, semplice e accessibile:

  • Il cittadino potrà caricare i documenti online
  • I concessionari aderenti potranno visualizzare e offrire i modelli disponibili
  • L’intero processo sarà trasparente e tracciabile

Perché questo incentivo è importante per tutti

In Italia le auto elettriche rappresentano ancora solo il 5,2% del mercato, una percentuale considerata bassa rispetto ad altri Paesi europei. Con questi nuovi bonus, l’Italia prova a recuperare terreno, offrendo opportunità concrete a chi finora è rimasto escluso dalla transizione elettrica.

Oltre ai vantaggi ambientali, c’è anche un risvolto economico: una maggiore diffusione dell’elettrico significa meno spese di carburante, minori emissioni e città più pulite e silenziose.


E per i tecnici del settore?

Architetti, ingegneri, geometri, operatori della mobilità e gestori di flotte possono giocare un ruolo chiave. Aiutare cittadini e imprese a scegliere i veicoli giusti e a progettare spazi e servizi di ricarica sarà essenziale per una transizione davvero efficace.


Riepilogo rapido

  • Quando parte? → 1° settembre 2025
  • Scadenza? → 30 giugno 2026
  • Fondi stanziati → 597 milioni di euro
  • Obbligo → Rottamazione di un veicolo benzina/diesel
  • Bonus massimo → 20.000 € per veicolo
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Caldaie a idrogeno: una nuova via per il riscaldamento sostenibile

Nel percorso verso un futuro a basse emissioni di carbonio, l’idrogeno si fa strada anche nelle nostre case. Le caldaie a idrogeno, in particolare quelle di tipo “Hydrogen Ready”, si stanno affermando come una promettente alternativa per il riscaldamento domestico, capace di combinare efficienza, sicurezza e sostenibilità ambientale.

Cos’è una caldaia a idrogeno?

È un generatore di calore simile alle caldaie tradizionali, ma invece del gas metano utilizza idrogeno (puro o in miscela) come combustibile.

Le caldaie “Hydrogen Ready” possono già oggi utilizzare miscele con fino al 20% di idrogeno insieme al metano, senza modificare l’impianto esistente. Sono quindi ideali per una transizione graduale verso un sistema energetico più pulito.


Vantaggi per cittadini e ambiente

  • Zero CO₂ (quando a idrogeno puro): la combustione dell’idrogeno non produce anidride carbonica, solo vapore acqueo.
  • Facile installazione: le caldaie “ready” hanno dimensioni e requisiti simili a quelle tradizionali.
  • Compatibilità con le reti gas esistenti: non servono (subito) nuove tubature specie se il tenore di idrogeno resta basso nella miscela complessiva.
  • Investimento accessibile: il costo d’acquisto è tutto sommato paragonabile a quello di una caldaia a condensazione di fascia alta.
  • Ideali per case e condomini: ottime dove l’elettrificazione (es. con pompe di calore) è difficile o troppo costosa.

Criticità da non sottovalutare

  • Produzione dell’idrogeno verde ancora costosa: può arrivare a 8–20 €/kg, contro i 0,5 €/kg del gas naturale. E’ previsto che i costi di produzione dell’idrogeno si ridurranno sensibilmente ma solo nel lungo periodo.
  • Rischi di infiammabilità: l’idrogeno è più volatile del metano, ma le caldaie sono progettate con standard di sicurezza avanzati.
  • Formazione di ossidi di azoto (NOx): seppur ridotti, possono generarsi durante la combustione.
  • Rete dedicata per il 100% H₂: servono investimenti a lungo termine per nuove infrastrutture. Reti dedicate all’idrogeno non saranno disponibili prima di molti anni

Quanto costa davvero?

Una caldaia a condensazione domestica “Hydrogen Ready” costa in media circa 3.000 / 5.000 €, contro i 15.000 / 30.000 € di un impianto full electric completo (pompa di calore + fotovoltaico + batteria). Questo rende l’idrogeno una soluzione più inclusiva, adatta anche a famiglie con minori possibilità economiche.

Sperimentazioni in corso

In Europa sono attivi oltre 80 progetti pilota, da Scozia, Paesi Bassi e Germania fino all’Italia. In Emilia-Romagna, ad esempio, è stato avviato un sistema a miscela idrogeno-metano per il riscaldamento scolastico e residenziale, già predisposto per passare al 100% H₂.

Il progetto Hy2Infra in Puglia prevede due grandi impianti di elettrolisi e la riconversione delle reti gas esistenti per trasportare idrogeno verde, con partenza prevista nel 2028.


Un passo alla volta verso la transizione

In conclusione, le caldaie a idrogeno rappresentano una concreta opportunità per decarbonizzare, almeno in parte, il riscaldamento domestico, soprattutto in quelle case e quartieri dove l’elettrificazione totale non è ancora possibile.

Non sono la soluzione perfetta per tutti, ma sono una valida alternativa che permette di iniziare a ridurre le emissioni già oggi, senza stravolgere impianti e abitudini. Inoltre, l’idrogeno richiede sforzi impiantistici, costi energetici e misure di sicurezza elevati, per cui l’utilizzo elettivo resta ancora nell’industria e nei cosiddetti settori hard to abate difficili da riconvertire all’uso delle rinnovabili.


Cosa puoi fare?

  • Se devi cambiare la caldaia, valuta un modello “Hydrogen Ready”: ti prepara al futuro anche in ragione degli attesi vincoli sull’installazione di nuove caldaie a gas naturale.
  • Informati sugli incentivi statali (spesso accessibili anche per queste tecnologie).

💬 Per ogni dubbio o proposta, confrontati con il tuo installatore o con gli sportelli energia del tuo Comune.


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Nuove regole del MASE per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e l’autoconsumo collettivo, con particolare riferimento agli incentivi PNRR

Novità principali introdotte dal MASE (luglio 2025)

  1. Ampliamento dei beneficiari
    • I contributi PNRR sono ora accessibili anche ai Comuni fino a 50.000 abitanti (prima solo fino a 5.000).
    • Questa estensione rende eleggibili molti più territori e mira ad aumentare la partecipazione alla transizione energetica.
  2. Tempistiche
    • Domande dal 21 luglio (ore 15:00) al 30 novembre 2025 (ore 18:00).
    • La procedura è a sportello, cioè le domande vengono valutate in ordine di arrivo fino a esaurimento fondi.
  3. Documentazione e presentazione
    • Tutta la documentazione e le modalità operative sono pubblicate su:
      • Sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
      • Portale del GSE (Gestore dei Servizi Energetici)

Chi può partecipare

  • Persone fisiche, PMI, enti locali, cooperative, condomìni, ecc.
  • Realtà che intendono realizzare impianti per condivisione di energia da fonti rinnovabili, sia in forma di autoconsumo collettivo che tramite comunità energetiche.

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Fotovoltaico in copertura: prescrizioni per le guaine per la prevenzione incendi

La diffusione degli impianti fotovoltaici su coperture residenziali, industriali e commerciali ha aumentato l’attenzione sulla sicurezza antincendio. Oggi, oltre a efficienza e sostenibilità, è essenziale verificare le prestazioni al fuoco dei materiali, in particolare delle guaine bituminose impermeabilizzanti.

Normativa e riferimenti tecnici

Per rispondere alle nuove esigenze di sicurezza, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha emanato linee guida specifiche che definiscono standard chiari per gli impianti fotovoltaici con tensione continua fino a 1.500V, con particolare attenzione alla reazione al fuoco dei materiali di copertura, come le guaine bituminose.
Il Codice di Prevenzione Incendi (DM 3 agosto 2015) e la Lettera Circolare VVF n. 6334/2012 definiscono i requisiti per impianti FV ≤1500V. Le coperture devono essere classificate secondo EN 13501-5 (es. BROOF(t1)), che simula diversi scenari di incendio esterno (vento, calore, lapilli).

Strategie per nuove costruzioni

  • Progettazione mirata: scegliere guaine certificate BROOF(tX), verificando che i test siano validi per le condizioni reali di posa.
  • Sistemi di copertura certificati: utilizzare pacchetti completi (manto+isolante) già testati.

Adeguamento edifici esistenti

  • Valutare la guaina esistente tramite documentazione o prove.
  • Se non idonea:
    • Sovrapporre nuove membrane certificate.
    • Applicare trattamenti superficiali (verificandone efficacia e durabilità).
    • Sostituire completamente il manto.
  • In alternativa, prevedere strati interposti certificati EI30 tra FV e copertura.

Focus sui moduli fotovoltaici

Se i moduli FV sono in Classe 1, è possibile usare coperture anche in classe Froof (nessuna classificazione al fuoco). Tuttavia, per maggiore sicurezza, si raccomanda sempre l’uso di guaine certificate BROOF(t1).

Fire Safety Engineering (FSE)

In casi complessi, l’approccio ingegneristico FSE permette di modellare il rischio incendio e adottare misure compensative personalizzate, garantendo un livello di sicurezza equivalente a quello normativo.

Durabilità e manutenzione

Attenzione: la durabilità della classificazione BROOF(t1) non è garantita per tutta la vita utile della guaina. È necessario richiedere al produttore garanzie specifiche e pianificare verifiche periodiche (es. ogni 5-10 anni) per mantenere la conformità antincendio.

Conclusione

La sicurezza antincendio nelle coperture fotovoltaiche richiede scelte progettuali e materiali consapevoli, integrate con una gestione attenta nel tempo. Collaborazione tra progettisti, installatori e tecnici antincendio è fondamentale per garantire conformità normativa e tutela di persone e beni.

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Lo spreco alimentare: impatti e sfide per ambiente, economia e società

Secondo la FAO, circa un terzo del cibo prodotto globalmente viene perso o sprecato; nell’Unione Europea si superano i 59 milioni di tonnellate all’anno, pari a 132 kg per persona. Oltre agli sprechi domestici, anche eventi come blackout e interruzioni della catena del freddo contribuiscono a perdite significative, con costi ambientali (acqua, energia, terra), economici e sociali, impedendo pure la redistribuzione a chi è in difficoltà.

Secondo Eurostat (2024, dati 2022), lo spreco si distribuisce lungo tutta la filiera, ma la quota principale proviene dalle famiglie.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) segnala che l’81% delle azioni di contrasto è basato su strumenti “soft” (campagne volontarie e comunicative), mentre incentivi economici rappresentano il 6% e la responsabilità estesa del produttore solo il 2%. Inoltre, valutazioni e dati sull’efficacia delle misure sono spesso limitati.

La Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) obbliga gli Stati UE a piani di prevenzione, con priorità a consumi sostenibili, miglior design e riduzione delle sostanze pericolose. Dal 2010 al 2022, l’intensità della produzione di rifiuti (per unità di PIL) è diminuita del 13%, mostrando un modesto disaccoppiamento tra crescita economica e rifiuti.

Il report EEA del marzo 2025 evidenzia progressi: 15 Stati membri hanno strategie specifiche, la maggior parte ha fissato obiettivi e 15 dichiarano impegno verso il Target 12.3 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Tuttavia, il 62% delle azioni resta concentrato sulla sensibilizzazione, mentre misure di mercato (4%) e normative (1%) sono marginali.

La gerarchia d’uso alimentare stabilisce le priorità: prevenzione, riutilizzo (es. redistribuzione, mangimi animali), riciclaggio (es. compost), recupero (es. incenerimento con energia).

Nel 2025, UE e Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio per fissare obiettivi vincolanti al 2030:

  • riduzione del 10% dei rifiuti di trasformazione e fabbricazione rispetto al 2021–2023;
  • riduzione del 30% pro capite dei rifiuti da commercio, ristoranti, catering e famiglie rispetto allo stesso periodo.

Si tratta di un passo politico rilevante che trasforma lo spreco alimentare da tema marginale a leva strategica per la transizione ecologica. Ora la sfida sarà attuare questi target con strumenti normativi e finanziari coerenti.

Italia – Misure nazionali

  • Legge Gadda (L. 166/2016)
    Interventi in produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione: sgravi fiscali per chi recupera o dona surplus alimentari a fini di solidarietà sociale, con incentivi per riuso e riciclo
  • “Reddito alimentare” (legge 197/2022)
    Sussidio non finanziario: recupero dell’invenduto per confezionare pacchi alimentari distribuiti a persone in povertà. È uno strumento statale coordinato con Terzo settore e privati
  • Waste Watcher & obiettivi comportamentali
    Nel 2024 in Italia sono state sprecate 4,5 M tonnellate di cibo (valore > 14,1 miliardi €); di queste, 1,9 M tonnellate solo in ambito domestico (8,2 mld €), 308 mila t nella distribuzione (oltre 4 mld €) Ogni italiano getta 617,9 g di cibo a settimana (vs 529,3 g nel 2021) La spesa media per persona è di ~140 €/anno.
  • Campagna nazionale “Spreco Zero”
    Istituita il 5 febbraio come Giornata Nazionale dal 2014. Andrea Segrè invita a ridurre lo spreco di 50 g pro capite ogni anno dal 2025 al 2029 .
  • ENEA/METROFOOD‑IT
    Progetto finanziato col PNRR (18 M €) e guida pubblicata nel 2025: evidenzia che nel 2024 lo spreco lungo la filiera è cresciuto del 46% rispetto al 2023, soprattutto frutta, verdura e pane.
  • App antispreco
    3–7% degli italiani utilizza app per monitorare cibi a casa o invenduti; 79% verifica pasti vicini alla scadenza .

🌿 Emilia‑Romagna – Misure regionali

  • Legge regionale 6 luglio 2007, n. 12
    Promuove il recupero e distribuzione di cibo a fini di solidarietà sociale, per ridurre disagio alimentare .
  • Linee guida del 23 maggio 2022 (Delibera n. 793)
    Forniscono indicazioni operative a enti del Terzo settore, donatori, AUSL e veterinari per gestire eccedenze per solidarietà .
  • Piano regionale rifiuti 2022–2027
    Prevede azioni su tutte le fasi filiera per contrastare lo spreco: prevenzione, recupero, compostaggio, raccolta differenziata 2.
  • Bando recupero 2022–2024
    • 2022: 11 progetti finanziati con 500 000 €;
    • 2024: 23 progetti con 1 000 000 € per redistribuzione a persone in difficoltà sociale.regione.emilia-romagna.it.
  • Sensibilizzazione e educazione
    Programma Regionale 2023–2025 per orientare consumatori: consumi consapevoli, sostenibilità, prevenzione spreco nelle mense e nella ristorazione collettiva bur.regione.emilia-romagna.it.
  • Collaborazione con Banco Alimentare
    Recupero eccedenze dai supermercati e distribuzione gratuita a persone fragili, integrato da azioni di sensibilizzazione Regione Emilia-Romagna.
  • Last Minute Market
    Presente in Emilia‑Romagna: raccoglie cibo invenduto (95% commestibile secondo stime), organizza mercati “dell’ultimo minuto” e supporta Carta Spreco Zero cui adesero vari comuni locali
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Fotovoltaico in aree agricola: competenze decisionali

Da tempo l’installazione di impianti fotovoltaici utility scale, di potenza pari al MW o multipli, impatta sulla gestione e pianificazione delle aree agricole e marginali. Ma a chi spetta l’onere amministrativo di esprimersi sulle installazioni? E i Comuni possono dire di no?

Proviamo a fare chiarezza su un tema complesso anche per esperti e amministratori.

Perché si parla tanto di aree agricole?

L’Italia, come altri Paesi europei, si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra e a puntare sulle energie rinnovabili. Per questo, nel 2021 è stato approvato un decreto importante (DLgs 199/2021), che stabilisce dove possono essere installati impianti a fonti rinnovabili come il fotovoltaico.
Tra queste “aree idonee” ci sono anche alcune zone agricole, specialmente quelle prossime a autostrade, ferrovie, aree industriali o cave abbandonate.

L’idea è semplice: sfruttare spazi già compromessi o marginali, senza togliere terreno prezioso all’agricoltura o danneggiare il paesaggio.

Cosa è successo con alcuni Comuni?

Nonostante questa normativa nazionale, alcuni Comuni hanno cercato di limitare le installazioni solari nelle zone agricole, usando regolamenti locali e motivando la scelta con la tutela del paesaggio o con la coerenza urbanistica.

Un esempio recente riguarda un Comune campano che aveva inserito nel proprio piano urbanistico un divieto totale per i pannelli solari a terra in campagna. Ma una società, che voleva installare un impianto vicino all’autostrada, ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo (TAR).

Cosa ha detto il giudice?

Il TAR Campania ha chiarito la questione: i Comuni non possono introdurre divieti generali contro gli impianti fotovoltaici in area agricola, perché questa competenza spetta allo Stato e alle Regioni.
Il giudice ha spiegato che, in base alla legge, le zone agricole entro 300 metri dalle autostrade (oltre a zone industriali) sono già considerate idonee per il fotovoltaico, senza che il Comune possa dire diversamente.

Questa sentenza è importante perché ribadisce che le regole locali non possono contraddire le leggi nazionali, specialmente su un tema strategico come la transizione energetica.

Perché è importante per tutti noi?

La questione non riguarda solo chi costruisce o autorizza impianti. E’ sicuramente un tema più ampio che coinvolge altri aspetti:

– Come utilizzare al meglio le aree marginali, e se attraverso la produzione di energia rinnovabili nell’ottica di apportare benefici anche ai cittadini (ad esempio attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili).
– Come usare il territorio in modo equilibrato, utilizzando al meglio le risorse agricole, paesaggistiche e energetiche locali.
– Come evitare regole confuse e/o senza adattamento al contesto locale, a discapito di territori.

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Come affrontare le isole di calore e migliorare il comfort estivo: considerazioni per edifici industriali e commerciali resilienti

Contesto

Il raggiungimento di picchi di temperatura in estate è una realtà che già oggi influenza le nostre città, gli edifici, il lavoro e la salute delle persone. L’Italia, situata nell’hotspot climatico del Mediterraneo, sperimenta sempre più spesso ondate di calore intense e prolungate. In questo contesto, diventa urgente riflettere su come adattare gli edifici alle nuove condizioni climatiche per garantire comfort e sicurezza.

Cosa sono le isole di calore?

L’effetto “isola di calore” si riferisce a quelle zone urbane o industriali dove le temperature risultano significativamente più elevate rispetto alle aree rurali circostanti. Questo fenomeno è causato dall’accumulo di calore in superfici impermeabili come asfalto, cemento e tetti scuri, combinato con la scarsità di vegetazione e la densità edilizia. L’effetto è particolarmente marcato di notte, quando il calore accumulato durante il giorno viene rilasciato lentamente, mantenendo elevate le temperature anche nelle ore notturne.

Hotspot termici e microclima locale

Gli hotspot termici non sono solo un problema urbano su larga scala, ma si manifestano anche a livello locale, all’interno dei singoli edifici e nei loro immediati dintorni. La presenza di superfici asfaltate, tetti non isolati e la mancanza di ombreggiamento contribuiscono a creare microclimi estremamente caldi, che compromettono il benessere degli occupanti e aumentano il fabbisogno di raffrescamento artificiale.

Strategie pratiche per ridurre il surriscaldamento

Dall’analisi scientifica di casi reali emergono alcune strategie efficaci, di facile applicazione anche in edifici industriali, commerciali e comunque non residenziali:

  1. Spegnimento notturno della ventilazione meccanica (se sprovvista di condizionamento)
    Può sembrare controintuitivo, ma nelle notti particolarmente calde introdurre aria esterna può peggiorare la situazione, immettendo all’interno aria più calda del setpoint previsto. Spegnere la ventilazione durante la notte può ridurre la temperatura interna fino a 2,5°C, con l’ulteriore vantaggio di risparmiare energia.
  2. Installazione di schermature solari
    Barriere fisse o mobili riducono l’irraggiamento solare diretto sulle superfici vetrate, diminuendo il carico termico diurno. Questo intervento può abbassare la temperatura interna mediamente di 2,5–3°C, migliorando il comfort senza rinunciare alla luminosità naturale.
  3. Isolamento termico degli spazi non abitabili (es. sottotetti)
    Applicare isolamento nelle zone che si surriscaldano e trasmettono calore verso gli spazi occupati aiuta a limitare i picchi di temperatura, anche se con riduzioni più contenute (1–2°C).
  4. Aspirazione del calore accumulato
    Installare estrattori d’aria per evacuare il calore dai volumi inutilizzati è un intervento semplice ed economico, con riduzioni medie attorno a 1°C.

Lo scenario integrato: la forza della combinazione

La combinazione di più interventi, ad esempio schermature solari, spegnimento notturno della ventilazione e aspirazione del calore, ha mostrato di poter ridurre le temperature interne fino a 7°C in media, con picchi massimi di oltre 9°C. Questo non solo migliora drasticamente il comfort, ma riduce anche il consumo energetico necessario per la climatizzazione.

Lezioni per progettare edifici più resilienti

L’esperienza scientifica ci insegna alcune lezioni chiave:

  • Analizzare i carichi termici in modo dettagliato, aggiornando i metodi progettuali e abbandonando i calcoli basati solo su dati climatici storici.
  • Utilizzare simulazioni dinamiche per valutare gli effetti combinati di involucro edilizio, carichi interni, uso degli spazi e comportamento degli impianti.
  • Gestire in modo intelligente la radiazione solare, integrando schermature mobili e sistemi automatizzati.
  • Adottare impianti “smart”, capaci di modulare il ricambio d’aria e adattarsi alle condizioni meteo in tempo reale.

Adattamento climatico: un’opportunità di innovazione

Affrontare gli hotspot termici e le isole di calore non è solo una sfida ambientale, ma anche un’opportunità per innovare nel campo dell’edilizia e della gestione degli edifici. Interventi mirati e ben calibrati migliorano il comfort, riducono i consumi e contribuiscono a costruire edifici più resilienti e intelligenti, capaci di affrontare le sfide del cambiamento climatico.

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FER X Transitorio: domande per incentivi energie rinnovabili dal 14 luglio

Dal 14 luglio 2025 fino al 12 settembre 2025 alle ore 12, le imprese potranno presentare domanda per accedere ai bandi sulle energie rinnovabili previsti dal DM FER X Transitorio. Le richieste andranno inoltrate esclusivamente tramite il Portale FER X.

Come comunicato dal GSE, i bandi riguardano impianti fotovoltaici ed eolici che hanno già presentato manifestazione di interesse.

Manifestazioni di interesse ricevute:

  • Fotovoltaico: 1.387 domande per 17.537 MW
  • Eolico: 93 domande per 2.878 MW
  • Idroelettrico e gas da depurazione: nessuna domanda

Il fotovoltaico guida nettamente la partecipazione, con richieste pari a oltre il doppio del contingente massimo previsto (8 GW), preannunciando forte competitività sul prezzo.

Secondo il decreto direttoriale del 1° aprile 2025, i contingenti per fotovoltaico ed eolico saranno quelli stabiliti nel decreto, essendo le richieste superiori al totale disponibile meno il 10%. Non sono invece previsti bandi per idroelettrico o gas da depurazione.

Contingenti previsti per le prime gare:

TipologiaMinimo [MW]Obiettivo [MW]Massimo [MW]
Fotovoltaico6001.0008.000
Eolico2003002.500
Idroelettrico000
Gas da processi di depurazione000

Le modalità di partecipazione sono dettagliate nelle Regole Operative del DM FER X Transitorio e nella Guida al Portale FER X, disponibili sul sito del GSE.

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Nuove opportunità per le PMI: contributi per impianti rinnovabili destinati all’autoproduzione energetica

Un’iniziativa recentemente attivata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy mette a disposizione oltre 178 milioni di euro per sostenere le piccole e medie imprese italiane che intendono investire in impianti per la produzione autonoma di energia da fonti pulite. L’intervento finanzia installazioni fotovoltaiche, soluzioni mini-eoliche e sistemi di accumulo energetico, contribuendo alla riduzione dei costi e al raggiungimento degli obiettivi ambientali nazionali.

L’incentivo, regolato da una procedura a graduatoria, si inserisce all’interno del piano REPowerEU del PNRR (Investimento 16) e rappresenta una concreta leva per rafforzare la resilienza e la competitività del tessuto produttivo nazionale, supportando al contempo la transizione energetica.

Dotazione finanziaria e finalità

La misura dispone di una disponibilità iniziale pari a circa 178,6 milioni di euro, provenienti dalle risorse residue del precedente sportello attivato nel marzo 2025. Tali fondi potranno essere incrementati in caso di rinunce o esclusioni durante l’iter di valutazione. L’obiettivo è incentivare le PMI a dotarsi di impianti rinnovabili destinati all’autoconsumo, anche attraverso l’integrazione di sistemi di accumulo per un utilizzo differito dell’energia prodotta.

Accesso e valutazione dei progetti

Le modalità operative seguono quanto già definito nel decreto ministeriale del 14 marzo 2025. I progetti candidati saranno sottoposti a valutazione sulla base di parametri tecnici e oggettivi, quali efficienza, innovazione tecnologica, solidità economico-finanziaria e impatto ambientale. Ogni azienda potrà presentare una sola proposta progettuale. In caso di più invii, sarà considerata unicamente la versione più recente.

Requisiti e limitazioni

L’accesso all’agevolazione è riservato alle PMI che soddisfano i requisiti stabiliti nei provvedimenti precedenti (13 novembre 2024 e 14 marzo 2025). Sono esclusi dal beneficio i settori indicati nell’Allegato 1 del decreto – tra cui agricoltura, estrazione mineraria, produzione di tabacco, lavorazione del petrolio, gioco d’azzardo – nonché le imprese a elevata intensità energetica iscritte negli elenchi CSEA e quelle con elevate emissioni in ambito ETS. Le aziende operanti nella mobilità possono accedere solo se almeno metà del fatturato deriva da veicoli a zero emissioni. Non sono inoltre ammessi soggetti già beneficiari del primo sportello.

Tempistiche e invio delle domande

Le richieste devono essere presentate esclusivamente per via telematica, attraverso la piattaforma Invitalia (www.invitalia.it), a partire dalle ore 12:00 dell’8 luglio 2025 e fino al termine ultimo del 30 settembre 2025, ore 12:00. Sarà necessario allegare una serie di documenti tra cui:

  • relazione tecnica asseverata;
  • dichiarazioni sostitutive relative ai requisiti;
  • documentazione economica e finanziaria dell’impresa;
  • eventuali certificazioni ambientali o sulla parità di genere.

Valutazione e obblighi dei beneficiari

L’istruttoria sarà condotta da Invitalia sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di riferimento, tenendo conto di fattori quali l’impatto ambientale, la sostenibilità tecnica del progetto e la capacità dell’impresa di realizzare gli interventi. Le imprese ammesse saranno tenute al rispetto di obblighi specifici, tra cui:

  • adozione del principio “Do No Significant Harm” (DNSH);
  • divieto di cumulo con altri finanziamenti pubblici;
  • obbligo di tracciabilità contabile delle spese;
  • disponibilità a ispezioni e controlli da parte degli enti competenti.