Archivio mensile 22 Luglio 2025

Digiancamillomarino

Nuove regole del MASE per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e l’autoconsumo collettivo, con particolare riferimento agli incentivi PNRR

Novità principali introdotte dal MASE (luglio 2025)

  1. Ampliamento dei beneficiari
    • I contributi PNRR sono ora accessibili anche ai Comuni fino a 50.000 abitanti (prima solo fino a 5.000).
    • Questa estensione rende eleggibili molti più territori e mira ad aumentare la partecipazione alla transizione energetica.
  2. Tempistiche
    • Domande dal 21 luglio (ore 15:00) al 30 novembre 2025 (ore 18:00).
    • La procedura è a sportello, cioè le domande vengono valutate in ordine di arrivo fino a esaurimento fondi.
  3. Documentazione e presentazione
    • Tutta la documentazione e le modalità operative sono pubblicate su:
      • Sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
      • Portale del GSE (Gestore dei Servizi Energetici)

Chi può partecipare

  • Persone fisiche, PMI, enti locali, cooperative, condomìni, ecc.
  • Realtà che intendono realizzare impianti per condivisione di energia da fonti rinnovabili, sia in forma di autoconsumo collettivo che tramite comunità energetiche.

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Fotovoltaico in copertura: prescrizioni per le guaine per la prevenzione incendi

La diffusione degli impianti fotovoltaici su coperture residenziali, industriali e commerciali ha aumentato l’attenzione sulla sicurezza antincendio. Oggi, oltre a efficienza e sostenibilità, è essenziale verificare le prestazioni al fuoco dei materiali, in particolare delle guaine bituminose impermeabilizzanti.

Normativa e riferimenti tecnici

Per rispondere alle nuove esigenze di sicurezza, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha emanato linee guida specifiche che definiscono standard chiari per gli impianti fotovoltaici con tensione continua fino a 1.500V, con particolare attenzione alla reazione al fuoco dei materiali di copertura, come le guaine bituminose.
Il Codice di Prevenzione Incendi (DM 3 agosto 2015) e la Lettera Circolare VVF n. 6334/2012 definiscono i requisiti per impianti FV ≤1500V. Le coperture devono essere classificate secondo EN 13501-5 (es. BROOF(t1)), che simula diversi scenari di incendio esterno (vento, calore, lapilli).

Strategie per nuove costruzioni

  • Progettazione mirata: scegliere guaine certificate BROOF(tX), verificando che i test siano validi per le condizioni reali di posa.
  • Sistemi di copertura certificati: utilizzare pacchetti completi (manto+isolante) già testati.

Adeguamento edifici esistenti

  • Valutare la guaina esistente tramite documentazione o prove.
  • Se non idonea:
    • Sovrapporre nuove membrane certificate.
    • Applicare trattamenti superficiali (verificandone efficacia e durabilità).
    • Sostituire completamente il manto.
  • In alternativa, prevedere strati interposti certificati EI30 tra FV e copertura.

Focus sui moduli fotovoltaici

Se i moduli FV sono in Classe 1, è possibile usare coperture anche in classe Froof (nessuna classificazione al fuoco). Tuttavia, per maggiore sicurezza, si raccomanda sempre l’uso di guaine certificate BROOF(t1).

Fire Safety Engineering (FSE)

In casi complessi, l’approccio ingegneristico FSE permette di modellare il rischio incendio e adottare misure compensative personalizzate, garantendo un livello di sicurezza equivalente a quello normativo.

Durabilità e manutenzione

Attenzione: la durabilità della classificazione BROOF(t1) non è garantita per tutta la vita utile della guaina. È necessario richiedere al produttore garanzie specifiche e pianificare verifiche periodiche (es. ogni 5-10 anni) per mantenere la conformità antincendio.

Conclusione

La sicurezza antincendio nelle coperture fotovoltaiche richiede scelte progettuali e materiali consapevoli, integrate con una gestione attenta nel tempo. Collaborazione tra progettisti, installatori e tecnici antincendio è fondamentale per garantire conformità normativa e tutela di persone e beni.

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Lo spreco alimentare: impatti e sfide per ambiente, economia e società

Secondo la FAO, circa un terzo del cibo prodotto globalmente viene perso o sprecato; nell’Unione Europea si superano i 59 milioni di tonnellate all’anno, pari a 132 kg per persona. Oltre agli sprechi domestici, anche eventi come blackout e interruzioni della catena del freddo contribuiscono a perdite significative, con costi ambientali (acqua, energia, terra), economici e sociali, impedendo pure la redistribuzione a chi è in difficoltà.

Secondo Eurostat (2024, dati 2022), lo spreco si distribuisce lungo tutta la filiera, ma la quota principale proviene dalle famiglie.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) segnala che l’81% delle azioni di contrasto è basato su strumenti “soft” (campagne volontarie e comunicative), mentre incentivi economici rappresentano il 6% e la responsabilità estesa del produttore solo il 2%. Inoltre, valutazioni e dati sull’efficacia delle misure sono spesso limitati.

La Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) obbliga gli Stati UE a piani di prevenzione, con priorità a consumi sostenibili, miglior design e riduzione delle sostanze pericolose. Dal 2010 al 2022, l’intensità della produzione di rifiuti (per unità di PIL) è diminuita del 13%, mostrando un modesto disaccoppiamento tra crescita economica e rifiuti.

Il report EEA del marzo 2025 evidenzia progressi: 15 Stati membri hanno strategie specifiche, la maggior parte ha fissato obiettivi e 15 dichiarano impegno verso il Target 12.3 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Tuttavia, il 62% delle azioni resta concentrato sulla sensibilizzazione, mentre misure di mercato (4%) e normative (1%) sono marginali.

La gerarchia d’uso alimentare stabilisce le priorità: prevenzione, riutilizzo (es. redistribuzione, mangimi animali), riciclaggio (es. compost), recupero (es. incenerimento con energia).

Nel 2025, UE e Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio per fissare obiettivi vincolanti al 2030:

  • riduzione del 10% dei rifiuti di trasformazione e fabbricazione rispetto al 2021–2023;
  • riduzione del 30% pro capite dei rifiuti da commercio, ristoranti, catering e famiglie rispetto allo stesso periodo.

Si tratta di un passo politico rilevante che trasforma lo spreco alimentare da tema marginale a leva strategica per la transizione ecologica. Ora la sfida sarà attuare questi target con strumenti normativi e finanziari coerenti.

Italia – Misure nazionali

  • Legge Gadda (L. 166/2016)
    Interventi in produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione: sgravi fiscali per chi recupera o dona surplus alimentari a fini di solidarietà sociale, con incentivi per riuso e riciclo
  • “Reddito alimentare” (legge 197/2022)
    Sussidio non finanziario: recupero dell’invenduto per confezionare pacchi alimentari distribuiti a persone in povertà. È uno strumento statale coordinato con Terzo settore e privati
  • Waste Watcher & obiettivi comportamentali
    Nel 2024 in Italia sono state sprecate 4,5 M tonnellate di cibo (valore > 14,1 miliardi €); di queste, 1,9 M tonnellate solo in ambito domestico (8,2 mld €), 308 mila t nella distribuzione (oltre 4 mld €) Ogni italiano getta 617,9 g di cibo a settimana (vs 529,3 g nel 2021) La spesa media per persona è di ~140 €/anno.
  • Campagna nazionale “Spreco Zero”
    Istituita il 5 febbraio come Giornata Nazionale dal 2014. Andrea Segrè invita a ridurre lo spreco di 50 g pro capite ogni anno dal 2025 al 2029 .
  • ENEA/METROFOOD‑IT
    Progetto finanziato col PNRR (18 M €) e guida pubblicata nel 2025: evidenzia che nel 2024 lo spreco lungo la filiera è cresciuto del 46% rispetto al 2023, soprattutto frutta, verdura e pane.
  • App antispreco
    3–7% degli italiani utilizza app per monitorare cibi a casa o invenduti; 79% verifica pasti vicini alla scadenza .

🌿 Emilia‑Romagna – Misure regionali

  • Legge regionale 6 luglio 2007, n. 12
    Promuove il recupero e distribuzione di cibo a fini di solidarietà sociale, per ridurre disagio alimentare .
  • Linee guida del 23 maggio 2022 (Delibera n. 793)
    Forniscono indicazioni operative a enti del Terzo settore, donatori, AUSL e veterinari per gestire eccedenze per solidarietà .
  • Piano regionale rifiuti 2022–2027
    Prevede azioni su tutte le fasi filiera per contrastare lo spreco: prevenzione, recupero, compostaggio, raccolta differenziata 2.
  • Bando recupero 2022–2024
    • 2022: 11 progetti finanziati con 500 000 €;
    • 2024: 23 progetti con 1 000 000 € per redistribuzione a persone in difficoltà sociale.regione.emilia-romagna.it.
  • Sensibilizzazione e educazione
    Programma Regionale 2023–2025 per orientare consumatori: consumi consapevoli, sostenibilità, prevenzione spreco nelle mense e nella ristorazione collettiva bur.regione.emilia-romagna.it.
  • Collaborazione con Banco Alimentare
    Recupero eccedenze dai supermercati e distribuzione gratuita a persone fragili, integrato da azioni di sensibilizzazione Regione Emilia-Romagna.
  • Last Minute Market
    Presente in Emilia‑Romagna: raccoglie cibo invenduto (95% commestibile secondo stime), organizza mercati “dell’ultimo minuto” e supporta Carta Spreco Zero cui adesero vari comuni locali
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Fotovoltaico in aree agricola: competenze decisionali

Da tempo l’installazione di impianti fotovoltaici utility scale, di potenza pari al MW o multipli, impatta sulla gestione e pianificazione delle aree agricole e marginali. Ma a chi spetta l’onere amministrativo di esprimersi sulle installazioni? E i Comuni possono dire di no?

Proviamo a fare chiarezza su un tema complesso anche per esperti e amministratori.

Perché si parla tanto di aree agricole?

L’Italia, come altri Paesi europei, si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra e a puntare sulle energie rinnovabili. Per questo, nel 2021 è stato approvato un decreto importante (DLgs 199/2021), che stabilisce dove possono essere installati impianti a fonti rinnovabili come il fotovoltaico.
Tra queste “aree idonee” ci sono anche alcune zone agricole, specialmente quelle prossime a autostrade, ferrovie, aree industriali o cave abbandonate.

L’idea è semplice: sfruttare spazi già compromessi o marginali, senza togliere terreno prezioso all’agricoltura o danneggiare il paesaggio.

Cosa è successo con alcuni Comuni?

Nonostante questa normativa nazionale, alcuni Comuni hanno cercato di limitare le installazioni solari nelle zone agricole, usando regolamenti locali e motivando la scelta con la tutela del paesaggio o con la coerenza urbanistica.

Un esempio recente riguarda un Comune campano che aveva inserito nel proprio piano urbanistico un divieto totale per i pannelli solari a terra in campagna. Ma una società, che voleva installare un impianto vicino all’autostrada, ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo (TAR).

Cosa ha detto il giudice?

Il TAR Campania ha chiarito la questione: i Comuni non possono introdurre divieti generali contro gli impianti fotovoltaici in area agricola, perché questa competenza spetta allo Stato e alle Regioni.
Il giudice ha spiegato che, in base alla legge, le zone agricole entro 300 metri dalle autostrade (oltre a zone industriali) sono già considerate idonee per il fotovoltaico, senza che il Comune possa dire diversamente.

Questa sentenza è importante perché ribadisce che le regole locali non possono contraddire le leggi nazionali, specialmente su un tema strategico come la transizione energetica.

Perché è importante per tutti noi?

La questione non riguarda solo chi costruisce o autorizza impianti. E’ sicuramente un tema più ampio che coinvolge altri aspetti:

– Come utilizzare al meglio le aree marginali, e se attraverso la produzione di energia rinnovabili nell’ottica di apportare benefici anche ai cittadini (ad esempio attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili).
– Come usare il territorio in modo equilibrato, utilizzando al meglio le risorse agricole, paesaggistiche e energetiche locali.
– Come evitare regole confuse e/o senza adattamento al contesto locale, a discapito di territori.

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Come affrontare le isole di calore e migliorare il comfort estivo: considerazioni per edifici industriali e commerciali resilienti

Contesto

Il raggiungimento di picchi di temperatura in estate è una realtà che già oggi influenza le nostre città, gli edifici, il lavoro e la salute delle persone. L’Italia, situata nell’hotspot climatico del Mediterraneo, sperimenta sempre più spesso ondate di calore intense e prolungate. In questo contesto, diventa urgente riflettere su come adattare gli edifici alle nuove condizioni climatiche per garantire comfort e sicurezza.

Cosa sono le isole di calore?

L’effetto “isola di calore” si riferisce a quelle zone urbane o industriali dove le temperature risultano significativamente più elevate rispetto alle aree rurali circostanti. Questo fenomeno è causato dall’accumulo di calore in superfici impermeabili come asfalto, cemento e tetti scuri, combinato con la scarsità di vegetazione e la densità edilizia. L’effetto è particolarmente marcato di notte, quando il calore accumulato durante il giorno viene rilasciato lentamente, mantenendo elevate le temperature anche nelle ore notturne.

Hotspot termici e microclima locale

Gli hotspot termici non sono solo un problema urbano su larga scala, ma si manifestano anche a livello locale, all’interno dei singoli edifici e nei loro immediati dintorni. La presenza di superfici asfaltate, tetti non isolati e la mancanza di ombreggiamento contribuiscono a creare microclimi estremamente caldi, che compromettono il benessere degli occupanti e aumentano il fabbisogno di raffrescamento artificiale.

Strategie pratiche per ridurre il surriscaldamento

Dall’analisi scientifica di casi reali emergono alcune strategie efficaci, di facile applicazione anche in edifici industriali, commerciali e comunque non residenziali:

  1. Spegnimento notturno della ventilazione meccanica (se sprovvista di condizionamento)
    Può sembrare controintuitivo, ma nelle notti particolarmente calde introdurre aria esterna può peggiorare la situazione, immettendo all’interno aria più calda del setpoint previsto. Spegnere la ventilazione durante la notte può ridurre la temperatura interna fino a 2,5°C, con l’ulteriore vantaggio di risparmiare energia.
  2. Installazione di schermature solari
    Barriere fisse o mobili riducono l’irraggiamento solare diretto sulle superfici vetrate, diminuendo il carico termico diurno. Questo intervento può abbassare la temperatura interna mediamente di 2,5–3°C, migliorando il comfort senza rinunciare alla luminosità naturale.
  3. Isolamento termico degli spazi non abitabili (es. sottotetti)
    Applicare isolamento nelle zone che si surriscaldano e trasmettono calore verso gli spazi occupati aiuta a limitare i picchi di temperatura, anche se con riduzioni più contenute (1–2°C).
  4. Aspirazione del calore accumulato
    Installare estrattori d’aria per evacuare il calore dai volumi inutilizzati è un intervento semplice ed economico, con riduzioni medie attorno a 1°C.

Lo scenario integrato: la forza della combinazione

La combinazione di più interventi, ad esempio schermature solari, spegnimento notturno della ventilazione e aspirazione del calore, ha mostrato di poter ridurre le temperature interne fino a 7°C in media, con picchi massimi di oltre 9°C. Questo non solo migliora drasticamente il comfort, ma riduce anche il consumo energetico necessario per la climatizzazione.

Lezioni per progettare edifici più resilienti

L’esperienza scientifica ci insegna alcune lezioni chiave:

  • Analizzare i carichi termici in modo dettagliato, aggiornando i metodi progettuali e abbandonando i calcoli basati solo su dati climatici storici.
  • Utilizzare simulazioni dinamiche per valutare gli effetti combinati di involucro edilizio, carichi interni, uso degli spazi e comportamento degli impianti.
  • Gestire in modo intelligente la radiazione solare, integrando schermature mobili e sistemi automatizzati.
  • Adottare impianti “smart”, capaci di modulare il ricambio d’aria e adattarsi alle condizioni meteo in tempo reale.

Adattamento climatico: un’opportunità di innovazione

Affrontare gli hotspot termici e le isole di calore non è solo una sfida ambientale, ma anche un’opportunità per innovare nel campo dell’edilizia e della gestione degli edifici. Interventi mirati e ben calibrati migliorano il comfort, riducono i consumi e contribuiscono a costruire edifici più resilienti e intelligenti, capaci di affrontare le sfide del cambiamento climatico.

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FER X Transitorio: domande per incentivi energie rinnovabili dal 14 luglio

Dal 14 luglio 2025 fino al 12 settembre 2025 alle ore 12, le imprese potranno presentare domanda per accedere ai bandi sulle energie rinnovabili previsti dal DM FER X Transitorio. Le richieste andranno inoltrate esclusivamente tramite il Portale FER X.

Come comunicato dal GSE, i bandi riguardano impianti fotovoltaici ed eolici che hanno già presentato manifestazione di interesse.

Manifestazioni di interesse ricevute:

  • Fotovoltaico: 1.387 domande per 17.537 MW
  • Eolico: 93 domande per 2.878 MW
  • Idroelettrico e gas da depurazione: nessuna domanda

Il fotovoltaico guida nettamente la partecipazione, con richieste pari a oltre il doppio del contingente massimo previsto (8 GW), preannunciando forte competitività sul prezzo.

Secondo il decreto direttoriale del 1° aprile 2025, i contingenti per fotovoltaico ed eolico saranno quelli stabiliti nel decreto, essendo le richieste superiori al totale disponibile meno il 10%. Non sono invece previsti bandi per idroelettrico o gas da depurazione.

Contingenti previsti per le prime gare:

TipologiaMinimo [MW]Obiettivo [MW]Massimo [MW]
Fotovoltaico6001.0008.000
Eolico2003002.500
Idroelettrico000
Gas da processi di depurazione000

Le modalità di partecipazione sono dettagliate nelle Regole Operative del DM FER X Transitorio e nella Guida al Portale FER X, disponibili sul sito del GSE.

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Nuove opportunità per le PMI: contributi per impianti rinnovabili destinati all’autoproduzione energetica

Un’iniziativa recentemente attivata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy mette a disposizione oltre 178 milioni di euro per sostenere le piccole e medie imprese italiane che intendono investire in impianti per la produzione autonoma di energia da fonti pulite. L’intervento finanzia installazioni fotovoltaiche, soluzioni mini-eoliche e sistemi di accumulo energetico, contribuendo alla riduzione dei costi e al raggiungimento degli obiettivi ambientali nazionali.

L’incentivo, regolato da una procedura a graduatoria, si inserisce all’interno del piano REPowerEU del PNRR (Investimento 16) e rappresenta una concreta leva per rafforzare la resilienza e la competitività del tessuto produttivo nazionale, supportando al contempo la transizione energetica.

Dotazione finanziaria e finalità

La misura dispone di una disponibilità iniziale pari a circa 178,6 milioni di euro, provenienti dalle risorse residue del precedente sportello attivato nel marzo 2025. Tali fondi potranno essere incrementati in caso di rinunce o esclusioni durante l’iter di valutazione. L’obiettivo è incentivare le PMI a dotarsi di impianti rinnovabili destinati all’autoconsumo, anche attraverso l’integrazione di sistemi di accumulo per un utilizzo differito dell’energia prodotta.

Accesso e valutazione dei progetti

Le modalità operative seguono quanto già definito nel decreto ministeriale del 14 marzo 2025. I progetti candidati saranno sottoposti a valutazione sulla base di parametri tecnici e oggettivi, quali efficienza, innovazione tecnologica, solidità economico-finanziaria e impatto ambientale. Ogni azienda potrà presentare una sola proposta progettuale. In caso di più invii, sarà considerata unicamente la versione più recente.

Requisiti e limitazioni

L’accesso all’agevolazione è riservato alle PMI che soddisfano i requisiti stabiliti nei provvedimenti precedenti (13 novembre 2024 e 14 marzo 2025). Sono esclusi dal beneficio i settori indicati nell’Allegato 1 del decreto – tra cui agricoltura, estrazione mineraria, produzione di tabacco, lavorazione del petrolio, gioco d’azzardo – nonché le imprese a elevata intensità energetica iscritte negli elenchi CSEA e quelle con elevate emissioni in ambito ETS. Le aziende operanti nella mobilità possono accedere solo se almeno metà del fatturato deriva da veicoli a zero emissioni. Non sono inoltre ammessi soggetti già beneficiari del primo sportello.

Tempistiche e invio delle domande

Le richieste devono essere presentate esclusivamente per via telematica, attraverso la piattaforma Invitalia (www.invitalia.it), a partire dalle ore 12:00 dell’8 luglio 2025 e fino al termine ultimo del 30 settembre 2025, ore 12:00. Sarà necessario allegare una serie di documenti tra cui:

  • relazione tecnica asseverata;
  • dichiarazioni sostitutive relative ai requisiti;
  • documentazione economica e finanziaria dell’impresa;
  • eventuali certificazioni ambientali o sulla parità di genere.

Valutazione e obblighi dei beneficiari

L’istruttoria sarà condotta da Invitalia sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di riferimento, tenendo conto di fattori quali l’impatto ambientale, la sostenibilità tecnica del progetto e la capacità dell’impresa di realizzare gli interventi. Le imprese ammesse saranno tenute al rispetto di obblighi specifici, tra cui:

  • adozione del principio “Do No Significant Harm” (DNSH);
  • divieto di cumulo con altri finanziamenti pubblici;
  • obbligo di tracciabilità contabile delle spese;
  • disponibilità a ispezioni e controlli da parte degli enti competenti.
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Bonus edilizi 2025: caldaie e pompe di calore sono ancora incentivati?

Le novità spiegate nella Circolare 8/E dell’Agenzia delle Entrate

Con la Circolare 8/E del 19 giugno 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quali interventi possono ancora usufruire dei bonus edilizi nel 2025, alla luce delle ultime modifiche introdotte dalla legge di bilancio. Tra i temi trattati ci sono anche caldaie e pompe di calore.


Fine degli incentivi per le caldaie a combustibili fossili

Dal 1° gennaio 2025, non si possono più ottenere incentivi (come Ecobonus, Superbonus o Bonus ristrutturazioni) per la sostituzione o installazione di caldaie alimentate esclusivamente a combustibili fossili (gas, gasolio, carbone).

Secondo la normativa europea, non sono più incentivabili le caldaie che:

  • funzionano solo con fonti fossili,
  • non sono combinate con fonti rinnovabili (come pannelli solari o pompe di calore).

E le caldaie a gas? Dipende dal tipo di rete

Le caldaie a gas possono essere considerate a combustibili fossili, a seconda di cosa circola nella rete locale:

  • Se la rete del gas è alimentata principalmente da gas naturale, non sono previste detrazioni.
  • Se la rete è alimentata in gran parte da gas rinnovabili, gli incentivi sono possibili, ma solo se il prodotto ha alta efficienza energetica (le due classi più alte previste dalla normativa UE sull’etichettatura energetica).

In pratica, le caldaie tradizionali non rientrano tra i prodotti più efficienti e quindi non sono agevolabili, anche se usano combustibili rinnovabili.


Eccezione: le caldaie a biomassa

Fanno eccezione le caldaie:

  • progettate per usare combustibili liquidi o gassosi derivati dalla biomassa,
  • o che usano biomassa solida (come pellet o legna), se rientrano nelle classi energetiche più efficienti secondo le regole UE.

Anche stufe e microcogeneratori non sono soggetti al blocco degli incentivi, nemmeno se usano combustibili fossili.

In sintesi, dal 2025 non sono più incentivabili:

  • caldaie a condensazione o generatori d’aria calda alimentati a gas o altri combustibili fossili, anche se si tratta di una nuova installazione.

Restano incentivabili (fino al 31 dicembre 2024) le spese sostenute entro fine 2024, anche se i lavori vengono conclusi nel 2025.


Quali caldaie o sistemi sono ancora ammessi nel 2025

Sono ancora agevolabili nel 2025:

  • le pompe di calore ad assorbimento a gas, che funzionano in modo diverso rispetto alle caldaie classiche e usano energia in buona parte rinnovabile;
  • i sistemi ibridi (pompa di calore + caldaia a condensazione), se assemblati in fabbrica per lavorare insieme, come previsto dal decreto del 6 agosto 2020.
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Direttiva Case Green (EPBD IV – Direttiva UE 2024/1275)

La  Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia  (EPBD) riveduta stabilisce come l’UE possa raggiungere un parco immobiliare completamente decarbonizzato entro il 2050 attraverso una serie di misure e, di conseguenza, ridurre le bollette energetiche per i cittadini europei, migliorando strutturalmente la prestazione energetica degli edifici. È entrata in vigore il 28 maggio 2024.

Obiettivo generale

Contribuire alla neutralità climatica entro il 2050, attraverso:

  • la riqualificazione energetica degli edifici esistenti
  • l’introduzione di standard minimi di prestazione energetica (MEPS)
  • l’obbligo di edifici a zero emissioni per le nuove costruzioni
  • un sistema di monitoraggio e controllo armonizzato a livello UE

Strumenti operativi forniti dalla Commissione europea

1. Linee guida e modelli per i Piani Nazionali di Ristrutturazione Edilizia (NBRP)

Scadenze per i Paesi membri:

  • Entro 31 dicembre 2025 → presenta bozza del piano
  • Entro 31 dicembre 2026 → invio del piano finale, aggiornato con le raccomandazioni UE

Pacchetto normativo e tecnico (strumenti non vincolanti ma raccomandati)

1. Regolamento delegato

  • Definisce il metodo per calcolare i livelli ottimali di prestazione energetica in base ai costi
  • Tiene conto delle specificità nazionali (es. clima, stato del patrimonio edilizio)
  • Accompagnato da linee guida interpretative

2. Regolamento di esecuzione

  • Standardizza la trasmissione dei dati dai registri nazionali all’Osservatorio europeo
  • Punta a un monitoraggio armonizzato e affidabile a livello UE

13 Documenti di orientamento tecnico (Allegati)

AllegatoTema
1Standard minimi per edifici non residenziali e traiettorie di rinnovamento degli edifici residenziali
2Incentivi finanziari, competenze professionali, sportelli unici
3Certificati di prestazione energetica e sistemi di controllo indipendenti
4Passaporto di ristrutturazione
5Banche dati per la prestazione energetica
6Scambio dati tra enti e sistemi
7Edifici a zero emissioni
8Energia solare negli edifici
9Infrastrutture per la mobilità sostenibile
10Sistemi tecnici, qualità ambientale interna, ispezioni
11Eliminazione graduale delle caldaie a combustibili fossili
12Quadro comune per il calcolo della prestazione energetica
13Potenziale di riscaldamento globale nel ciclo di vita degli edifici nuovi

Applicazioni pratiche per Comuni e Regioni

  • Integrazione nei PAESC (Piani di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima)
  • Coerenza nei Piani Regolatori con i requisiti di prestazione energetica
  • Attivazione di Sportelli Unici per la Riqualificazione (One-Stop Shops)
  • Progettazione di incentivi locali complementari (fiscali, tecnici, logistici)

Fonti e allegati scaricabili

I documenti (modelli, linee guida, allegati tecnici) sono disponibili al link:
🔗 https://energy.ec.europa.eu/topics/energy-efficiency/energy-performance-buildings/energy-performance-buildings-directive_en#revised-energy-performance-of-buildings-directive

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Ristrutturare o Ricostruire? Come Rigenerare le Città Puntando su Sostenibilità e Qualità della Vita

Un problema che tocca tutti

In molte periferie italiane, interi quartieri residenziali costruiti tra gli anni ’50 e ’70 si trovano oggi in uno stato critico: bassa efficienza energetica, strutture inadeguate, scarsa accessibilità e isolamento sociale. Che fare: ristrutturare o demolire e ricostruire?

Tre studi scientifici applicati al caso di Bologna aiutano a rispondere in modo razionale, considerando gli impatti ambientali, economici e sociali.


Le opzioni in campo: tre scenari a confronto

Gli scenari analizzati sono:

  1. Conservazione (C): manutenzione ordinaria degli edifici esistenti.
  2. Ristrutturazione profonda (DR): cappotto termico, nuovi infissi, pompe di calore.
  3. Ricostruzione (R): demolizione completa e nuova costruzione secondo principi di economia circolare e NZEB (edifici a energia quasi zero).

Questi sono stati comparati su un blocco urbano reale lungo 10, 30 e 60 anni usando la metodologia LCA (Life Cycle Assessment).


I risultati chiave: quando conviene ricostruire?

1. Impatto ambientale (CO₂ e consumi energetici)

  • A 30 anni, la ristrutturazione profonda riduce le emissioni del 64%, la ricostruzione del 58%.
  • A 60 anni, la ricostruzione diventa nettamente più sostenibile, con una riduzione del 75% delle emissioni contro il 50% della ristrutturazione.

2. Efficienza energetica

  • Il consumo energetico annuale scende da 599 MJ/m² (scenario C) a 282 MJ/m² (DR) e 232 MJ/m² (R).

3. Capacità di rigenerazione urbana

  • La ricostruzione permette una densificazione controllata (+60 appartamenti), maggiori spazi verdi, mobilità sostenibile, servizi di comunità e un disegno bioclimatico che ottimizza sole e ventilazione.
  • L’approccio proposto, chiamato “Reconstruction for Regeneration (R4R)”, integra materiali riciclabili, edifici modulari e una gestione condivisa degli spazi

Perché è importante per i cittadini e i decisori locali?

  • Cittadini: potranno vivere in edifici più sicuri, sani e confortevoli, con bollette energetiche più basse e migliori servizi.
  • Comuni e PA: possono usare strumenti GIS e modelli semplificati sviluppati negli studi per decidere dove intervenire, quanto costa e quanto si risparmia in CO₂
  • Investitori pubblici e privati: la ricostruzione si rivela più sostenibile nel lungo periodo, con ritorni sociali e ambientali superiori.

In sintesi: una guida per rigenerare le periferie

  • Nel breve termine (fino a 30 anni): la ristrutturazione è efficace per tagliare i consumi energetici.
  • Nel lungo periodo (oltre 60 anni): solo la demolizione e ricostruzione permetterebbe di raggiungere gli obiettivi UE di neutralità climatica al 2050.

Bibliografia

Comparative simplified multi-life cycle methodology for assessing energy retrofit and demolition/reconstruction scenarios at the urban block scale–Carlo Costantino (UNIBO/Unitus)

Comparative LCA Scenarios for Urban Regeneration of Residential Building
Stock. Application to an Existing High-density Urban Block in Bologna

The Process of Digitalization of the Urban Environment for the
Development of Sustainable and Circular Cities: A Case Study
of Bologna, Italy